Un aspetto che mi affascina molto della natura è la sua imprevedibilità.
In una calda mattina di dicembre nel delta dell’Okavango mi è capitato di incontrare un giovane leopardo maschio di due anni che si stava spostando nel suo territorio di caccia. In questo suo pigro bighellonare l’ho seguito fino ad una pozza d’acqua dove in tutta calma si è dissetato. Poi avvertendo che la temperatura si stava rapidamente alzando, ha ripreso a muoversi alla ricerca di un sicuro riparo sugli alti rami per trovare un po’ di riparo dal solleone delle ore centrali della giornata.
Mentre si stava dirigendo verso un grosso albero è passato vicino ad una piccola collinetta, io ero dal lato opposto, e passando a ridosso di questa gli si vedeva sbucare solo la sua testa, quasi fosse un periscopio. Ad un certo punto vedo il leopardo fermarsi e guardare nella mia direzione, e non capivo cosa avesse catturato l’attenzione del felino in quanto vicino alla jeep sui cui mi trovavo, tra me e il leopardo, c’era solo un gruppo di cespugli. Dopo qualche secondo il leopardo aveva cambiato completamente postura assumendo quella da caccia; corpo più raccolto verso il suolo, testa inclinata in avanti, bocca chiusa e occhi spalancati come due telemetri puntati sul bersaglio.
Con passo deciso ma allo stesso tempo felpato, si dirige verso il cespuglio. Attraverso il teleobbiettivo vedo ad un tratto che cambia direzione e punta diritto nella mia direzione… ancora non capisco cosa stia puntando perché tutta la mia attenzione è catturata dal magnetismo dal suo sguardo; i suoi occhi sembrano fissarmi dritto dritto nel centro della mia retina; il cuore mi batte forte, sono immobile e trattengo il respiro.
Arrivato quasi a ridosso degli arbusti con grande sorpresa vedo sbucare dall’ombra, tra me e il leopardo, un qualcosa, un animale, che non riesco ancora ad identificare. Accortosi all’ultimo di essere al centro delle scomode attenzioni del leopardo l’animale, che ora ha le sembianze di un canide, abbozza una posizione difensiva. Il leopardo ora scatta, carica e lancia il balzo finale seguendo l’abbozzo di fuga verso sinistra che fa la preda. Senza che me ne renda conto vedo che il leopardo ha mancato la preda perché questa con un fulmineo balzo a scartato a destra, quasi che l’abbozzo fatto a sinistra fosse una finta! L’azione è così veloce che riuscirò a capire cosa sia successo solo in un secondo tempo rivedendo con calma le foto che la D4 ha fatto riprendendo l’azione con una “raffica” di 11 scatti al secondo.
Il leopardo è totalmente colto di sorpresa e resta per un secondo immobile e disorientato sia per aver mancato la presa sia forse per aver scoperto che la preda è uno sciacallo femmina. Lo sciacallo è molto più piccolo del leopardo, il rapporto tra i due animali sarà forse di 1 a 4, ma è un animale che si difende e che quindi può ferire.
Lo sciacallo ha assolutamente chiaro quale sia il rischio che sta correndo, ne va della sua vita, e agisce d’istinto osando una mossa rischiosa quanto coraggiosa; approfitta dell’imbambolamento del leopardo per balzargli addosso e attaccarlo brandendo con le sue piccole fauci la mandibola del leopardo che così non lo può mordere. L’azzuffarsi dura pochi secondi nei quali il leopardo riesce a riprendersi dalla sorpresa e ad allontanare lo sciacallo con le zampe.
Lo sciacallo subito scappa via e il leopardo, rialzatosi, resta ancora lì un po’ frastornato. E qui c’è stata la seconda sorpresa, mi aspettavo che il leopardo, ripresosi e avendo ora un quadro chiaro della situazione, calasse sullo sciacallo per farlo a brandelli e invece si è allontanato, mogio. Lo sciacallo aveva osato un audace mossa per difendere la propria vita e quella dei suoi cuccioli che erano nei paraggi. La mamma sciacallo, vedendo la reazione del leopardo, ha incominciato ad abbaiargli ferocemente contro e, seppur a distanza, ha continuato a tallonarlo per spingerlo lontano dalla zona dove si trovava il cucciolo.
Ho continuato a seguire il leopardo finché questo, ancora un po’ scosso per la figuraccia rimediata, ha finalmente trovato riapro sotto un grande albero. Si è prima accucciato sotto l’ombra della sua grande chioma per fare un po’ di toeletta e leccarsi le lievi ferite rimediate nell’azzuffarsi di prima, poi dopo aver con cura scelto quale fosse il ramo migliore, con balzo di oltre tre metri, vi è salito sopra e si è accomodato per riposarsi.
Quel giorno di dicembre, nell’Okavango quella mamma sciacallo ha osato una mossa ardita che ha salvato sia la propria vita che quella del suo cucciolo. Who dares wins, chi osa vince!